"Forse"

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giovedì 10 febbraio 2011

Il pessimismo è innato, scritto nel DNA (ma si sapeva già nel 2009)

Oggi tutti i media ne parlano la Scoperta è spacciata per Nuova
Alcuni ricercatori dell’Università del Michigan hanno scovato la cosiddetta “molecola del pessimismo” dalla cui quantità dipenderebbe la nostra visione della vita: rosea se di questa molecola ne abbiamo a sufficienza, grigio-nera se, invece, ne produciamo di meno. Si tratta del neuropeptide Y (NPY in gergo chimico): chi ne ha un livello basso è in pratica “condannato”  ad affrontare con fatica situazioni stressanti ed è più soggetto alla depressione. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno sottoposto un gruppo di persone ad una risonanza magnetica funzionale, l'attività cerebrale è stata valutata mentre i volontari visualizzavano su uno schermo delle parole neutre (ad esempio 'materiale'), parole cariche di significati negativi (ad esempio 'assassino') e parole positive (ad esempio 'speranza').  Ebbene quando venivano mostrate le parole negativi le persone con con bassi livelli di NPY mostravano una forte attività della corteccia prefrontale, regione coinvolta con il processamento delle emozioni. Mentre i soggetti con un livello maggiore di NPY avevano un'attività minore della stessa area.
Nella seconda fase dell’ esperimento ai soggetti è stato chiesto di riferire riguardo le loro esperienze emotive nell'affrontare un evento stressante. I ricercatori hanno iniettato nel muscolo della mandibola una dose di soluzione salina in modo da produrre un dolore moderato per 20 minuti senza provocare un danno durevole. I livelli di dolore percepiti e riferiti da ogni volontario sono stati misurati su una scala da 1 a 10. I ricercatori hanno valutato la positività e la negatività dei soggetti prima e dopo avergli provocato il dolore. Anche stavolta è risultato che le persone con un basso livello di NYP erano più coinvolti negativamente  sia nella previsione che dopo il test, quindi emotivamente più fragili. Potrebbe essere questa la chiave per capire chi è maggiormente predisposto alla depressione? In effetti, Brian Mickey, uno dei ricercatori, dice che “queste reazioni genetiche sono misurabili in ogni persona e ci possono guidare verso la valutazione del rischio personale allo sviluppo di ansia e depressione”.  (Per dovere di cronaca ci preme dire che la paternità dello studio va agli inglesi più che agli americani difatti il 27 Febbraio 2009 è uscito l’articolo che vi riporto:  
27 FEB -2009  Se si vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto dipende dai nostri geni. In particolare, da uno che influenza il nostro modo di vedere le cose. A identificarlo è stato un gruppo di ricercatori della University of Essex (Gb) in uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B”. Il gene in questione è coinvolto nel trasporto di sostanze chimiche come la serotonina, che influenzerebbero la visione ottimistica o pessimistica del mondo. Le persone che hanno una versione lunga del gene tendono ad avere una visione positiva trascurando gli elementi negativi della vita. Le persone, invece, che hanno la versione corta del gene sono decisamente più pessimisti.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno coinvolto nello studio 97 volontari a cui sono state mostrate 20 immagini belle, 20 immagini brutte e 40 neutre. I ricercatori hanno quindi misurato il livello di attenzione che ciascun volontario ha mostrato guardando un'immagine. Ebbene, le persone che hanno la versione più lunga del gene hanno soffermato la loro attenzione maggiormente sulle immagini belle, come la foto di alcune caramelle. Mentre, i volontari che hanno una versione del gene corta hanno focalizzato la loro attenzione maggiormente sulle immagini brutte, come quella raffigurante dei ragni. I ricercatori hanno quindi concluso che dedicare la propria attenzione selettivamente può influire sul modo di reagire allo stress.
“Coloro che avevano una versione lunga del gene trasportatore della serotonina tendevano a guardare il lato positivo della vita”, ha spiegato Elaine Fox, “e a evitare selettivamente il materiale negativo”. Grazie a queste conclusioni i ricercatori sperano di poter sviluppare nuove terapie efficaci contro l'ansia e la depressione.
Quello di rubare le idee altrui sembra un vizio che gli Americani non perdono, un po’ come accadde  con il nostro Marconi, non mi stupirei se oggi Elaine Fox si sentisse un po’ pessimista.)



 

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