"Forse"

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martedì 7 settembre 2010

La "Sindrome del Bradipo"

I movimenti degli altri trasmettono la fatica

"Mi stanco solo a guardarti": quante volte questa frase è stata percepita solo come una scusa per mettersi a riposare? Niente di più sbagliato. Da un recente studio italiano pubblicato sull`ultimo numero di Plos One emerge invece che è proprio vero: ci si può stancare davvero solamente guardando immagini di altre persone che compiono sforzi fisici. Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori del Laboratorio di elettrofisiologia cognitiva dell`Università di Milano-Bicocca coordinati da Alice Mado Proverbio, in collaborazione con l`Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Milano-Segrate.


Pose statiche, movimenti dinamici - Gli studiosi hanno registrato potenziali bioelettrici che riflettono l`attività del cervello in studenti universitari maschi e femmine mentre osservavano diapositive di persone (di diversa età e sesso) impegnate in movimenti dinamici - come salti, azioni atletiche, corsa e tuffi - rispetto a persone ritratte in pose statiche - un ragazzo che gioca a scacchi o fuma una sigaretta. "Dopo 350 millisecondi dalla presentazione dell`immagine - spiega la responsabile dello studio - abbiamo notato soprattutto nel cervello maschile un`intensa attività dei neuroni che normalmente codificano l`azione in misura molto maggiore durante l`osservazione delle immagini dinamiche, rispetto a quelle statiche. Nel cervello femminile è emerso, invece, un interesse generalizzato verso tutte le figure umane e un minore effetto di differenza tra immagini denotanti sforzo muscolare intenso piuttosto che debole".

Diversità biologiche? - Questa diversità riscontrata tra i sessi, spiegano i ricercatori, potrebbe essere di origine parzialmente biologica: dal momento che gli uomini sono dotati di un apparato muscolare mediamente più potente, potrebbero rispecchiarsi maggiormente nello sforzo muscolare altrui. La possibilità di attivare la corteccia motoria e premotoria che governa il nostro stesso movimento semplicemente mostrando visivamente azioni umane, concludono i ricercatori, può spiegare anche perché è così interessante vedere gli altri che si muovono (meccanismo che scatta, per esempio, quando si guarda una partita di calcio).

SPIEGAZIONE: I NEURONI SPECCHIO
Il fenomeno è spiegabile con la funzione dei Neuroni Specchio detti anche “Neuroni dell’empatia”, tipologia di neuroni la cui esistenza è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni '90 da Giacomo Rizzolatti e colleghi presso il dipartimento di neuroscienze dell'Università di Parma. Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, questi ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.

Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l'esistenza di sistemi simili anche negli uomini. Sembrerebbe che essi interessino diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio.

I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato.

Quest'ultima precisazione è molto importante. Infatti sembrerebbe che il "sistema specchio" entri in azione soltanto quando il soggetto osserva un comportamento che egli stesso ha posto in atto in precedenza. Ad esempio, si è visto che in un danzatore classico i neuroni specchio si attivano esclusivamente di fronte a una esibizione di danza classica, e non di fronte al ballo moderno, e viceversa.

Anche il riconoscimento delle emozioni sembra poggiare su un insieme di circuiti neurali che, per quanto differenti, condividono quella proprietà "specchio" già rilevata nel caso della comprensione delle azioni. E' stato possibile studiare sperimentalmente alcune emozioni primarie: i risultati mostrano che quando osserviamo negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto si attiva il medesimo substrato neuronale collegato alla percezione in prima persona dello stesso tipo di emozione. Un'altra conferma viene da studi clinici su pazienti affetti da patologie neurologiche: una volta perduta la capacità di provare un'emozione non si è più in grado di riconoscerla quando viene espressa da altri.

Vi sono infine alcune evidenze sperimentali che sembrano indicare che anche la comprensione del linguaggio faccia riferimento, almeno per certi aspetti, a meccanismi di "risonanza" che coinvolgono il sistema motorio. Comprendere una frase che esprime un'azione provoca probabilmente un'attivazione degli stessi circuiti motori chiamati in causa durante l'effettiva esecuzione di quell'azione.

La scoperta dei neuroni specchio potrebbe offrire una spiegazione biologica per almeno alcune forme di autismo, come, ad esempio, la sindrome di Asperger: in effetti, gli esperimenti in tal senso finora condotti sembrerebbero indicare un ridotto funzionamento di questo tipo di neuroni nei bambini autistici. Benché per ora si tratti soltanto di un'ipotesi, essa potrebbe aiutare a comprendere perché le persone autistiche non partecipano alla vita degli altri, non riescono ad entrare in sintonia con il mondo che li circonda, non capiscono il significato dei gesti e delle azioni altrui. Probabilmente non comprendono neppure le più comuni emozioni espresse dal volto e dagli atteggiamenti di coloro che li circondano: quello che per tutti è un sorriso, per loro potrebbe essere una semplice smorfia.

L'esistenza dei neuroni specchio prospetta la necessità di una profonda modifica nelle attuali concezioni riguardanti il modo di operare della nostra mente. I neuroni specchio implicano l'esistenza di un meccanismo che consente di comprendere immediatamente il significato delle azioni altrui e persino delle intenzioni ad esse sottese senza porre in atto alcun tipo di ragionamento.

Le ricerche sui neuroni specchio sono ancora agli inizi, ma è probabile - come osserva il neuroscienziato Vilayanur Ramachandran - che si tratti di una delle più importanti scoperte degli ultimi decenni, destinata ad avere profonde ripercussioni nel nostro modo di concepire la mente.

2 commenti:

  1. Bene, adesso, chi già faceva poco, ha la scusa per non far niente definitivamente...Aspetterò con impazienza, la prima persona che mi dirà di esserne affetta...sarà un'esperienza quasi mistica! Io ho la Sindrome opposta...se vedo qualcuno lavorare, DEVO ASSOLUTAMENTE aiutare. A conti fatti, vuoi vedere che sono io la malata???

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  2. Forse soffri di eccessiva empatia che credimi è un gran pregio, cmq è in linea con la teoria in quanto nelle donne sono gli aspetti emotivi a mettersi all'opera, quindi tu comprendi lo stato emotivo di chi sta lavorando e non riesci a sottrarti dal dare una mano.

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