"Forse"

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martedì 9 novembre 2010

Esperienze Extracorporee: La Scienza spiega il Fenomeno

Un gruppo di medici è riuscito a “fotografare” la sorgente cerebrale della sensazione di extracorporeità, quella che viene chiamata tecnicamente con la sigla OBE, ovvero “out of body experience”.

Tutti sanno che alcune persone che si sono trovate in punto di morte riferiscono di essere letteralmente uscite dal proprio corpo per osservare la scena dall’alto, di solito a una cinquantina di centimetri sopra il letto. A questo tipo di sensazione, riferita come molto realistica, si associano spesso percezioni di estremo benessere, desideri di perdersi nell’incoscienza, grandi luci tranquillizzanti e così via.

Intorno a questo fenomeno è fiorita una quantità di letteratura folcloristica nonché una discreta mitologia di stampo New age che ha indicato il fenomeno come il massimo livello di esperienza trascendentale.

Ebbene, la realtà è molto più prosaica. Per liberare l’anima dal corpo basta l’attivazione anomala di due aree dell’emisfero destro: la giunzione tra il giro angolare e il giro sovramarginale e la corteccia temporale superiore. La prima area ha probabilmente il ruolo di integrare i segnali sensitivi per facilitare il corretto orientamento del capo e del corpo nello spazio. La corteccia temporale è invece coinvolta nella percezione del sé.
Di fatto si sapeva già che la giunzione temporoparietale era un’area critica per questo tipo di sensazione, che può comparire anche in alcune forme di epilessia e di emicrania. Il colpaccio, dal punto di vista scientifico, è stato trovare un paziente che “usciva dal proprio corpo” più volte al giorno per via di un elettrodo extradurale posizionato più o meno nell’area incriminata per curare una grave forma di vertigine. È bastato infilare questa persona al momento giusto sotto una risonanza, et voilà: per quanto ci è dato sapere, non è l’avvicinarsi della Morte a farci volare lievi, a liberarci dal dolore, a illuminarci d’immenso, ma una semplice, banale, alterazione della circolazione cerebrale che manda in tilt la nostra giunzione temporoparietale.

(pubblicato sul New England Journal of Medicine)

6 commenti:

  1. INTERESSANTE MA FORSE ... C'è ANCORA QUALCOS'ALTRO?

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  2. Confido molto nella scienza, ma è sempre uno strumento, il problema più grande è poi la sua arroganza, nella maggior parte dei casi spiega il come e non il perché.

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  3. E' anche vero che far sognare, fantasticare o fare ipotesi più o meno verosimili è facile, molto più arduo è il compito della scienza che deve dare risposte e dimostrare praticamente ogni affermazione.

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  4. Se e cosi sarebbe giusto mettere in pratica alternative alle anestesie ,comunque migliorerebbe in modo umano il dolore nei pazienti terminali ,ma fino ad adesso non ho riscontrato nessuna fonte che verifica la verita di queste affermazioni.

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  5. L'idea di utilizzare pratiche alternative alle anestesie è interessante ma come ben saprai le novità in campo medico incontrano spesso dei muri di vario genere, diffidenza da parte dei medici ma anche dei pazienti, finchè una pratica non diventa di uso comune è dura da far accettare. Spesso i pazienti sono spaventati ed è difficile far scegliere loro qualcosa di alternativo a meno che non si trovino con le spalle al muro..I medici inoltre devono anche loro rendere conto di pratiche pionieristiche quindi rinunciano ad andar fino in fondo (comprensibile), inoltre occorrono diversi studi, e migliaia di dati prima di poter fare delle affermazioni che abbiano un certo valore statistico. L'articolo in questione in fondo racconta di un solo soggetto...attendiamo..

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