"Forse"

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venerdì 24 settembre 2010

Topi ibernati e risvegliati. Il Prossimo è l’uomo

Riassumendo dal post precedente:
Esistono associazioni in America che conservano il corpo delle persone in cambio di una ingente quantità di denaro. Questa tecnica di conservazione del corpo è chiamata criogenizzazione.
Le persone che usufruiscono di questa tecnica sono i cronauti e confidano che un domani possano essere riportati in vita.  Difficilissimo però che questo loro "sogno" possa realizzarsi, la difficoltà non sta tanto nel curare la malattia che li ha fatti morire, quanto, piuttosto a rimediare ai danni dell'ibernazione. L'ibernazione blocca la putrefazione, ma l'acqua trasformata in ghiaccio danneggia in modo irreparabile il corpo. la criogenizzazione usa l'azoto liquido che dà la possibilita' di mantenere organismi biologici criogenizzati per lungo tempo e senza danni permanenti (testato almeno sugli embrioni).
A livello ipotetico si potrebbe vivere, i danni si' sono comunque permanenti a livello intracellulare, ma chi vende queste macchine costosissime pensa che con le nanotecnologie si potra' ristrutturare i danni da criogenizzazione.

Un ulteriore soluzione che apre nuove strade anche nelle cure mediche di gravi malattie sembra giungere da un recente studio sui topi:


Topi ibernati e risvegliati. Il Prossimo è l’uomoTrovato il metodo per congelare un corpo a comando, senza danni
Lo studio apre la strada a nuove cure per infarto e cancro

L’idea, per quanto ancora lontana, è quella di ibernare i pazienti per curare meglio alcune malattie, un’ipotesi scientifica su cui lavorare per risolvere emergenze mediche.E anche per aiutare gli astronauti del futuro, impiegati in lunghe missioni spaziali, magari verso Marte. Un gruppo di ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, guidati da Mark Roth, sono riusciti a indurre nei topi un sonno profondo grazie a un gas, l’acido solfidrico. Questa sostanza, prodotta normalmente dalle cellule, è tossica, ma a piccole dosi è capace di ridurre il consumo di ossigeno nell’organismo.
IN LETARGO — Animazione sospesa, chiamano gli esperti questa condizione che si verifica in natura quando gli animali, dai rettili ai mammiferi, vanno in letargo. «E’ una situazione — spiega Marco Biggiogera dell’università di Pavia—caratterizzata da una riduzione del metabolismo, della temperatura e del consumo di energia. Che può essere utile ottenere per conservare più a lungo un organo da trapiantare, per esempio, o, in futuro, per proteggere il cuore in caso di infarto o il cervello dopo un ictus. Si tratta di due situazioni in cui l’afflusso di sangue e di ossigeno ai tessuti è diminuito e che trarrebbero giovamento dalla riduzione del metabolismo». I topolini dell’esperimento americano, pubblicato sulla rivista Science, si sono risvegliati dopo sei ore, quando sono stati esposti all’aria fresca, e non hanno riportato danni apparenti ai loro organi. Mentre si trovavano «in letargo», la frequenza del loro respiro si è ridotta da 120 atti a meno di 10 al minuto, la temperatura è scesa da 37 gradi a 11, in funzione della temperatura ambiente. «Ma gli animali che vanno in letargo naturalmente — precisa Manuela Malatesta dell’Università di Urbino — arrivano, se sono piccoli come il ghiro, a temperature di 3-4 gradi centigradi. Quelli più grandi, come l’orso, arrivano fino a 24-26 gradi. I meccanismi che inducono il letargo non sono ancora chiari e sono più di uno. Per esempio esistono enzimi e geni che si attivano o inattivano a seconda della temperatura ». Certi interventi chirurgici sull’uomo, del resto, vengono eseguiti in ipotermia: l’abbassamento della temperatura riduce il consumo di ossigeno e di conseguenza protegge i tessuti che, durante l’operazione, possono non essere sufficientemente irrorati dal sangue.
RIVOLUZIONE—La rivoluzione terapeutica, che si può ipotizzare grazie all’«ibernazione a comando», non riguarderebbe soltanto l’infarto e l’ictus, ma anche la cura dei tumori perché potrebbe permettere al paziente di sopportare dosi elevate di radiazioni o di chemioterapici senza danni per i tessuti sani. Le cellule neoplastiche, infatti, crescono indipendentemente dall’ossigeno e sono più resistenti alle radiazioni rispetto alle cellule sane che non vivono senza ossigeno: se si ibernano queste ultime privandole dell’ossigeno, si rendono meno vulnerabili alla radio o alla chemioterapia. L’obiettivo della ricerca è ora quello di trovare una sostanza capace di indurre l’ibernazione senza effetti collaterali. «Negli animali è stata isolata una sostanza chiamata Hit, capace di indurre ibernazione, spiega Manuela Malatesta. «Noi a Pavia stiamo conducendo esperimenti con il Dadle, una sostanza simile agli oppiacei — precisa Bigioggera che con Manuela Maltesta e Carlo Zancanaro dell’Università di Verona ha redatto per l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, un rapporto sui sistemi di ibernazione —. Se riuscissimo a provocare sonno negli astronauti, ridurremmo il loro consumo di energia, evitando di sovraccaricare le navicella con generi alimentari

Forse ci stiamo davvero avvicinando...

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