"Forse"

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martedì 14 settembre 2010

Studio sul cervello di Einstein

La ricerca, compiuta a Losanna sotto la guida di un italiano, ripensa i meccanismi della comunicazione fra le cellule:

Investigando la struttura del cervello di Einstein, un'equipe di ricercatori guidata dall'italiano Andrea Volterra è arrivata ad una scoperta inattesa, potenzialmente determinante nella cura di malattie come l'Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica, l'epilessia.

Lo studio dell'università svizzera, condotta dal dipartimento di Biologia cellulare e morfologia dell'Università di Losanna in collaborazione con quelle di Padova e di Oslo, mirava inizialmente a individuare le caratteristiche peculiari del cervello di Einstein. E poggiava su un precedente: un esperimento anatomico sulla materia cerebrale del Nobel tedesco condotto a Berkeley nel 1985. Gli scienziati americani ne avevano contato le cellule, concludendo che quelle gliali erano presenti in numero maggiore rispetto alla media.

Muovendo da questa constatazione, Volterra e suoi colleghi sono giunti a una conclusione imprevista. Hanno scoperto che le cellule gliali (quelle che assieme ai neuroni costituiscono la meteria cerebrale), finora considerate di puro "contorno", avrebbero in realtà un ruolo fondamentale nella trasmissione delle informazioni tra cellule. Alcune funzioni di base del cervello dovrebbero quindi essere ripensate. Con implicazioni potenzialmente decisive nella cura di molte malattie neuro-degenerative.
Andrea Volterra: "Fino ad oggi sapevamo che la comunicazione fra cellule nervose avveniva attraverso segnali elettrici. E che in questa attività il ruolo fondamentale era affidato ai neuroni. In realtà, la nostra scoperta mostra che le cellule gliali - che si trovano attorno ai neuroni e sono quasi il 90% delle cellule celebrali - partecipano alla comunicazione cellulare, scambiando segnali con i neuroni stessi. E lo fanno interferendo con l'attività funzionale delle sinapsi, i centri dove si formano le basi della memoria. Questo significa che le cellule gliali comunicano con un linguaggio proprio, diverso da quello dei neuroni... avere più cellule gliali potrebbe significare, in base ad dati che noi abbiamo, più capacità di elaborazione e quindi migliori prestazioni intellettuali… questo è solo un punto di partenza. Quello che abbiamo scoperto può essere applicato sia alla ricerca sul funzionamento normale dell'attività cerebrale (per esempio i meccanismi della memoria), che alle patologie. In particolare alle malattie neuro-degenerative. Ad esempio, il morbo di Alzheimer, dove la mancanza della memoria ha un ruolo fondamentale. Il difetto che, nella malattia, porta alla morte dei neuroni potrebbe infatti essere dovuto ad un cattivo funzionamento non solo dei neuroni ma anche delle cellule gliali… la nostra scoperta potrebbe avere delle implicazioni nella cura della sclerosi laterale amiotrofica e anche dell'epilessia”.

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